OK Salute – In sala operatoria c’è un robot? Siete in ottime “mani”: ecco perché
La robotica, arrivata in Italia nel 1999, è diventata un prezioso alleato dello specialista, che negli interventi di chirurgia mininvasiva non può più farne a meno.
Chi avrebbe mai pensato, più di 20 anni fa, che nelle sale operatorie del futuro i pazienti fossero operati da un macchinario intelligente, guidato e supervisionato da un chirurgo? Oggi, dopo due decenni di lavoro all’insegna dell’innovazione tecnologica, quello scenario non è più così utopistico, anzi: il robot, che nel corso degli anni si è evoluto fino a raggiungere abilità eccezionali e incomparabili, è diventato a tutti gli effetti un alleato fidato e affidabile dello specialista. Basti pensare che solo nel 2018, nel nostro Paese, sono stati eseguiti oltre 20.000 interventi di chirurgia robotica, per un totale di 111 sistemi distribuiti da Nord a Sud. Insomma, anche questo fa dell’Italia una realtà all’avanguardia nell’offerta medicale.
«Nel 1999, quando la robotica ha fatto per la prima volta il suo ingresso in Italia, abbiamo accettato una sfida che risulta ancora oggi vincente» conferma Andrea Pietrabissa, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Generale della Fondazione IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia. Già dai primi interventi, infatti, si era intuito il potenziale di questo strumento, sviluppato per semplificare ulteriormente la pratica mininvasiva in diversi ambiti specialistici, come l’urologia, la chirurgia toracica, la chirurgia generale, la ginecologia, l’otorinolaringoiatria e la chirurgia dei trapianti.
A distanza di 20 anni, la robotica ha rivoluzionato il modus operandi del chirurgo e migliorato l’esperienza del paziente, grazie soprattutto al perfezionamento e al progresso ai quali è andata incontro: «Oggi, infatti, siamo arrivati alla quarta generazione di questo telemanipolatore, costituito da 4 bracci meccanici controllati in remoto dal medico che, seduto a una console, manovra joystick e pedaliera per determinarne azioni e movimenti» continua il professor Pietrabissa, intervenuto ai nostri microfoni per spiegare meglio il funzionamento della piattaforma in sala operatoria.
Sebbene questo sistema sia multidisciplinare, cioè si presta a essere utilizzato in diverse branche della medicina, è soprattutto nell’urologia che si è imposto con successo. «Negli interventi di prostatectomia, cioè di asportazione della prostata colpita da tumore, la chirurgia robotica rappresenta ormai, per svariati motivi, un gold standard imprescindibile» sostiene Francesco Montorsi, Direttore dell’Unità Operativa di Urologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «Innanzitutto la precisione dei bracci nell’atto tecnico, che consente di accedere anche alle regioni del corpo più complicate e di compiere più facilmente manovre chirurgiche complesse, riduce notevolmente il traumatismo locale: ciò comporta una minor perdita di sangue, una riduzione del dolore e della degenza post-operatoria, una diminuzione degli effetti collaterali, come l’incontinenza e la disfunzione erettile, e una rapida ripresa delle attività quotidiane» spiega il professore nella nostra videointervista.
Il futuro, insomma, sarà sempre più robotico: «ragion per cui ogni giorno sosteniamo la scelta fatta anni fa, formando instancabilmente i chirurghi del domani e mettendo a disposizione le nostre competenze decennali per stilare nuovi protocolli destinati alle prossime leve», conclude il professor Andrea Pietrabissa.
Credits: Ok-Salute.it del 27 Maggio 2019